Gli Stati Uniti puntano tutto su Bitcoin

Gli Stati Uniti e il circolo presidenziale puntano tutto su bitcoin mentre l’Europa continua a rimanere indietro.

La famiglia Trump mina bitcoin

Sappiamo che la società del presidente americano, Trump Media & Technology Group, ha acquistato bitcoin per un valore di due miliardi di dollari a luglio. Ma non è tutto. Due dei figli del presidente americano hanno lanciato l’American Bitcoin miner lo scorso marzo.

Si tratta di una sussidiaria posseduta all’80% da Hut 8, un altro miner americano. Una quotazione in borsa è prevista per settembre. Hut 8 ha una potenza di calcolo di 8,85 EH/s (exahash al secondo), rispetto ai 10 EH/s di American Bitcoin.

La società ha recentemente finalizzato l’acquisto di 16.299 Antminers S21 prodotti da Bitmain, per un importo di 314 milioni di dollari. Il piano di finanziamento indica l’intenzione di acquisire ulteriori 15 EH/s, che porterebbero il totale a 25 EH/s.

Il gruppo diventerebbe così il quarto miner americano più grande, dietro Marathon (~50 EH/s), CleanSpark (~40 EH/s), Riot (~31 EH/s). Sapendo che l’hashrate globale ha appena raggiunto 1 ZH/s, ovvero 1.000 EH/s.

Gli Stati Uniti controllano circa il 35% dell’hashrate globale, rispetto a circa il 17% della Russia e il 15% della Cina. Ancora meglio, la società Block ha appena lanciato macchine che rivaleggiano con quelle della cinese Bitmain. In altre parole, il paese è largamente sovrano in materia.

Ci sono segnali che non ingannano. L’interesse del presidente americano per bitcoin è autentico e tutto ciò suggerisce che gli Stati Uniti faranno davvero di bitcoin la loro valuta di riserva.

Proprio questo è l’obiettivo della senatrice Cynthia Lummis e del suo disegno di legge “Bitcoin Act”. Questo propone di vendere parte delle riserve auree per accumulare un milione di bitcoin.

Nel frattempo, l’Europa resta assente, incapace persino di riconoscere che bitcoin è l’anello mancante della transizione energetica. È davvero scoraggiante.

Bitcoin può assorbire il surplus di elettricità nucleare

Abbiamo nel vecchio continente i leader dei wallet bitcoin (Ledger, Trezor), ma nessun miner su larga scala. Eppure, ci sarebbe molto da fare se i partiti verdi francesi e tedeschi approfondissero davvero l’argomento.

Infatti, bilanciare la rete elettrica tramite la domanda è sempre più essenziale per accogliere a costi inferiori la crescita delle energie intermittenti e il rompicapo che rappresentano per i gestori di rete.

Costringere le centrali nucleari a modulare costantemente la loro produzione di elettricità per compensare l’intermittenza del vento non è sostenibile. Questi arresti improvvisi le danneggiano. Che spreco, soprattutto in un momento in cui si cercano decine di miliardi per costruire sei nuovi reattori.

Al contrario, dovremmo valorizzare il nostro surplus di elettricità minando bitcoin. Questo preserverebbe il nostro patrimonio energetico, fornendo allo stesso tempo un importante vantaggio finanziario a EDF che ne ha disperatamente bisogno.

I miner di bitcoin hanno il vantaggio molto pratico di offrire una soluzione di riduzione del carico in tempo reale agli operatori di rete, che possono così fare a meno delle costose centrali di “picco” destinate a intervenire in caso di emergenza.

Questa simbiosi tra miner di bitcoin e fornitori di energia esiste già in Texas. Funziona così bene che l’operatore locale della rete (ERCOT) ha recentemente annullato la costruzione di diverse centrali a gas. Perché? Perché i miner possono restituire più di 3 GW alla rete istantaneamente e senza limiti di tempo.

Bitcoin, un imperativo geostrategico

Oltre ai servizi che può offrire ai fornitori di energia, bitcoin senza stato è soprattutto una valuta di riserva in divenire.

Nessuno ha mancato di notare che i BRICS, guidati da Russia e Cina, non vogliono più finanziare il debito americano collocando lì le loro riserve in valuta estera. Questa diffidenza non è nemmeno estranea a ciò che sta accadendo in Ucraina…

Il debito americano di 37 trilioni di dollari preoccupa il mondo intero. Gli americani vivono largamente al di sopra delle loro possibilità. Risultato: il dollaro ha perso il 40% del suo potere d’acquisto negli ultimi dieci anni.

Certo, i titoli del Tesoro pagano interessi, ma non abbastanza da compensare l’inflazione. Molte banche centrali ora preferiscono collocare le loro riserve in oro mentre la quota del dollaro continua a diminuire.

La fabbrica del mondo, la Cina, non vuole più il dollaro. Ecco perché la strategia ora è reindustrializzare per ridurre il deficit commerciale. Ma tornare a essere una nazione esportatrice richiede un dollaro debole, da qui l’interesse del governo americano per bitcoin.

La spiegazione è molto semplice. Washington non accetterà che lo yuan sostituisca il dollaro sulla scena internazionale. Se il famoso “privilegio esorbitante” deve essere perso, scommettiamo che gli americani si rivolgeranno a bitcoin, una valuta senza stato, non censurabile e con un’offerta monetaria limitata a 21 milioni di unità.

L’ex consigliere della Casa Bianca Bo Hines pensa ancora che gli Stati Uniti agiranno prima della fine dell’anno:

Rimango molto fiducioso che il governo americano sia molto favorevole all’idea di agire rapidamente per accumulare bitcoin per la sua riserva strategica. Dico alle persone di tenere gli occhi ben aperti. Sono sicuro che la notizia sta arrivando.

Bo Hines

È ora che l’Europa si svegli e che il dibattito vada avanti. Questo è il caso in Brasile, Russia, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, ecc.

Non perdere il nostro articolo sull’ultimo report di Bitwise che prevede anche che bitcoin diventi una delle principali valute di riserva.